L’Europa alla riscossa

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Breve storia del fumetto – Il fumetto in Europa e Giappone 6° parte

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Il fumetto nasce dunque negli Stati Uniti, è qui che avviene la rivoluzione che ne è alla base: l’introduzione delle sequenze di vignette con i balloon che fanno dialogare direttamente le immagini, unita alle pubblicazioni a tirature enormi, inserite come supplementi domenicali a colori nei giornali quotidiani.

In Europa, agli inizi del Novecento, esiste una tradizione di storie illustrate con immagini in singoli riquadri o vignette, con didascalie interne o esterne contenenti narrazioni o dialoghi, che persisterà ancora per lungo tempo. L’atteggiamento iniziale della cultura aristocratica europea, come anche di quella giapponese, figlie di società a stratificazione sociale rigida, nei confronti del popolare fumetto statunitense, è di rifiuto.

Soltanto a metà degli anni Trenta appariranno le prime edizioni europee di fumetti statunitensi, privilegiando inizialmente quelli della Disney, sulla scia del successo dei cartoni animati. Dal secondo dopoguerra si è pienamente affermata una cultura del fumetto con destini diversi nelle diverse aree. In ciascun paese le modalità di produzione, distribuzione e consumo sono specifiche e tutte differenti dal fumetto statunitense. (1)

Prenderemo qui in esame le tre aree in cui ha raggiunto maggiore originalità, autonomia e influenza: francese e belga, italiana, giapponese.

Origini del fumetto di lingua francese

In Francia, come in tutta Europa, la persistenza della narrazione per immagini con didascalia inibisce in un certo senso la comparsa del balloon. Il fumetto rimane così a lungo una narrazione verbale supportata da immagini e persino ai primi fumetti importati dagli Stati Uniti vengono aggiunte le didascalie.

Storie di questo tipo vengono pubblicate dalla metà degli anni Venti su riviste settimanali per ragazzi, il cui contenuto non è costituito esclusivamente da fumetti. Si tratta in genere di una o due pagine autoconclusive o in continuazione rispetto alla settimana precedente, non di episodi interi quindi.

I fumetti pubblicati in rivista vengono poi usualmente ristampati sotto forma di libro cartonato di circa cinquanta o sessanta pagine, quindi abbastanza costosi, destinato ad essere venduto nelle normali librerie e non in edicola. Il fumetto acquisisce così fin da subito una dignità che gli deriva dalla forma finale di libro e dal canale di distribuzione. Questo contribuisce a spiegare perché in Francia e Belgio ancora oggi la vendita di fumetti rappresenti una percentuale considerevole dell’intero mercato editoriale, circa il venti per cento, e il fumetto non venga considerato un linguaggio minore destinato a un consumo rapido e superficiale.

Zig et Puce, di Antoine de Saint-Ogan, è ritenuto il primo vero fumetto francese. Nasce nel 1925 e si ispira nel segno grafico un po’ caricaturale e nel modo di raccontare alle prime tavole statunitensi; anche nel tema è chiaro questo riferimento: i protagonisti della storia sono infatti due amici che vorrebbero emigrare in America e questo è il filo conduttore di tutte le storie. La fortuna di Zig et Puce non intacca il predominio delle storie illustrate con didascalia.

La svolta avviene, contemporaneamente a quanto succede in Italia, nel 1934-35, quando appare con fortuna immediata e crescente una serie di settimanali che fa conoscere ai lettori sia la produzione Disney, che il fumetto statunitense d’avventura, nato nei primi anni Trenta, nei suoi generi. Tale periodo costituisce l’età dell’oro del fumetto, non perché sia contrassegnata da una particolare creatività nella produzione nazionale, ma perché rappresenta il lungo momento in cui la nuova forma d’arte del fumetto si radica nella cultura e nell’immaginario francese.

La produzione originale francese è fin qui modesta e scomparirà sostanzialmente negli anni della guerra, per poi essere limitata nel dopoguerra da una legge di censura che smorza i toni innovativi che stavano emergendo nel clima della liberazione, oltre che vietare di fatto l’importazione di quelli statunitensi. (2)

Il passo decisivo per il fumetto di lingua francese si compie così in Belgio con la creazione di Tintin di Georges Remi, in arte Hergé. È il momento storicamente più importante per la nascita di tutto il fumetto europeo. Tintin compare sul settimanale cattolico Le Petit Vingtième nel 1929, ma passa inizialmente in sordina; il successo arriva qualche anno più tardi, quando l’autore avrà maturato il proprio stile definitivo, fino ad arrivare nel 1946 a condurre la rivista che porta il nome del suo personaggio.

Hergé è considerato il padre fondatore del fumetto di lingua francese, allo stesso tempo il settimanale diventerà la fucina per la scuola di Bruxelles, un intero gruppo di autori influenzati dallo stile del maestro identificato come ligne claire. Il segno grafico è antirealistico, essenziale e pulito, non c’è niente di superfluo, nessuno sfondo né ombre o sfumature.

Uno stile “intimamente narrativo”(3), molto adatto alla continua oscillazione tra avventura e umorismo che contraddistinguono le storie di Tintin. “Ci sono altre linee chiare nella storia del fumetto, ma in Hergé quella linea , quella nitidezza assoluta di contorni, ha un carattere per così dire di necessità.”(4)

 

 

 

 

 

 

 

 

La rivista concorrente di Tintin è Le journal de Spirou. Nata nel 1938, prende il nome dal personaggio creato da Rob-Vel. La serie Spirou arriva al successo a partire dal 1946, quando viene affidata ad André Franquin che la porta ad un livello grafico più alto e introduce nella storia diversi elementi surrealistici.

Nervoso e dinamico, il suo stile è l’esatto opposto di quello di Hergé. Anche se lo spirito umoristico è uno spirito comune a tutto il fumetto franco-belga, nella storiografia degli anni Quaranta e Cinquanta si individuano in questa differenza stilistica tra gli autori legati ai due settimanali due differenti scuole: la scuola di Bruxelles e quella di Marcinelle. I due titoli più fortunati, tra i tanti pubblicati sulla rivista Spirou, sono Lucky Luke e il non classificabile Les Schtroumpfs (I puffi, in Italia), creati nel 1958 da Peyo.

Lucky Luke è una parodia del genere Western che ha come protagonista un cow-boy solitario, creata nel 1946 da Morris. Anche questa serie compie il salto di qualità solo alcuni anni dopo, quando Morris durante un lungo soggiorno negli Stati Uniti conosce René Goscinny, a sua volta in contatto con Kurtzman e gli autori di Mad. Goscinny comincia a collaborare a Lucky Luke scrivendone da quel momento le sceneggiature.

Nel complesso, la produzione belga del trentennio qui esaminato appare più elevata, sia per qualità che per quantità, a quella francese che farà il salto di qualità nel 1959 con la prima grande rivista a fumetti nata per promuovere la produzione nazionale: Pilote.

(di Marco De Giorgio)

(1) Franco Restaino, Storia del fumetto – da Yellow Kid ai manga, op. cit. pp. 223-226

(2) Ivi, p. 238

(3) Daniele Barbieri, Breve storia della letteratura a fumetti, op. cit. p. 94

(4) Franco Restaino, Storia del fumetto – da Yellow Kid ai manga, op. cit. p. 245

 

 

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