Ilaria Alpi: Comicom intervista Marco Rizzo

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Il 20 marzo 1994, quindici anni fa esatti, la giornalista del TG3 Ilaria Alpi e il cameraman Miran Hrovatin furono trucidati in un agguato a Mogadiscio. Il mistero che circonda l’omicidio, i tentativi di depistaggio delle indagini, la sparizione degli appunti della giornalista avvalorano l’ipotesi di un complotto. Ilaria Alpi stava conducendo un’inchiesta sul traffico di armi e il riciclaggio di rifiuti tossici in Somalia, un giro di affari che avrebbero coinvolto anche personalità della politica e dell’economia italiana. All’inizio di quest’anno la Commissione parlamentare ha riaperto le indagini.

httpv://www.youtube.com/watch?v=IbhDypzQ1rk

Abbiamo fatto alcune domande a Marco Rizzo, sceneggiatore del volume a fumetti Ilaria Alpi. Il prezzo della verità (Edizioni Becco Giallo, 2007, 2010, Premio Micheluzzi nel 2008).

Con le illustrazioni di Francesco Ripoli, questa inchiesta a fumetti riflette l’impianto giornalistico della formazione di Rizzo, sommando l’immediatezza antiretorica di un testo quasi cinematografico alle suggestive immagini ricostruite pazientemente da fotografie e video. Un’ampia appendice di approfondimento, di documentazione e indicazioni bibliografiche danno ulteriore spessore ad un’opera assieme divulgativa e di analisi.

1) Graphic novel, graphic journalism, ricostruzione disegnata: come si colloca Ilaria Alpi, il prezzo della verità?

Premesso che ho sviluppato una certa disaffezione verso il termine graphic novel, credo più un label pubblicitario che altro ormai, il nostro fumetto su Ilaria è certamente una ricostruzione disegnata, e trasversalmente un’operazione di graphic journalism. Non siamo andati sul posto, non è un reportage in senso stretto come quelli di Sacco, né la trasposizione di un’intervista come Maus. È una ricostruzione a partire da documenti e testimonianze, che ha una carica di denuncia e quindi di giornalismo d’inchiesta.

2) Secondo te qual è la forza, l’efficacia peculiare del fumetto nel comunicare la storia e l’omicidio di Ilaria?

Credo che la forza maggiore sia nell’aver messo in discussione certe tesi e l’avere sottolineato certe possibili piste. Ma soprattutto, abbiamo fatto conoscere Ilaria a tanta gente, specie i ragazzi nelle scuole, attraverso un mezzo di comunicazione capace di parlare a tutti.

3) Come hai lavorato alla ricerca delle fonti e con l’Associazione?

L’associazione ha contribuito a fornirmi del materiale e a mettermi in contatto con i familiari, e soprattutto, si è attivata tantissimo – anzi, lo fa ancora – sulla promozione e la diffusione del libro. Ovviamente abbiamo dovuto fare una selezione tra il materiale, a seconda dell’attendibilità, della ricorrenza, dell’opportunità, a volte piegando le nostre fonti a fini narrativi.

4) Qual è stato l’elemento di più difficile rappresentazione?

Chiaramente, in opere come queste bisogna cercare un equilibrio tra la verità raccontataci dalle fonti, la verosimiglianza e l’esigenza di raccontare una storia che tenga il lettore incollato alla pagina. Di certo è ancora più difficile quando abbiamo testimonianze contraddittorie e verità giudiziarie sfuggenti, come in questo caso. Uno dei momenti più difficili è stato l’agguato: a seconda delle varie fonti variava la distanza del fucile che ha ucciso Ilaria, la dinamica, la posizione delle auto, a volte anche il numero dei membri del commando. Abbiamo confrontato i dati a nostra disposizione e siamo arrivati a una interpretazione, che sfrutta anche le potenzialità del fumetto, giocando con le inquadrature nelle scene “dubbie”.

5) Il volume ha avuto un utilizzo e una distribuzione al di fuori delle librerie? Come si potrebbe usare nelle scuole?

Già nella prima edizione ha avuto una buona fortuna nelle scuole, abbiamo fatto credo ormai decine di incontri e presentazioni, anche nelle università. Ha anche vinto un premio che apparentemente non c’azzecca granché (miglior fumetto al “Serravalle Noir”) ma che l’ha proposto a un pubblico ancora nuovo. All’università abbiamo fatto workshop di giornalismo a fumetti. Ne ricordo con piacere uno a Padova, e prossimamente ce ne sarà uno a Napoli. Nelle scuole, abbiamo avuto incontri con gli studenti, brevi corsi con gli insegnanti, e alcune scuole hanno scelto Ilaria (e altre ancora Peppino) come libro di testo per le letture estive, a cui sono seguiti incontri sempre piacevoli e stimolanti… per me certamente spero anche per gli studenti!

6) Hai realizzato anche Peppino Impastato, un giullare contro la mafia (Becco Giallo 2009) e Gli ultimi giorni di Marco Pantani (Rizzoli Lizard 2011): come è la situazione del mercato editoriale italiano nel settore delle “inchieste a fumetti”?

Dimentichi Mauro Rostagno – prove tecniche per un mondo migliore, che è il più complesso di tutti se non altro perché abbraccia trent’anni di storia d’Italia. Venendo alla tua domanda, pare sia un buon momento: Becco Giallo è sempre in crescita, al punto che la sua linea editoriale è stata fatta propria anche da altre realtà (Round Robin e pare in futuro anche 001), e tavole delle opere di questa casa editrice sono state esposte dappertutto (anche fuori i confini nazionali) e pubblicate su quotidiani come l’Unità. Mondadori continua a dare alle stampe le basilari opere di Sacco e tra le altre cose ha stampato di recente un bel reportage di Igort dall’Ucraina. Internazionale ospita brevi reportage a fumetti in ogni numero e pubblica i libri – bellissimi – di Guy Delisle… insomma, direi che il graphic journalism sia qui per restare. Ora, se i colleghi la smettessero di stupirsi ogni volta che esce un libro di questo genere, ci risparmieremmo tanti incipit di articoli sullo stile “Non ci credete, ma ci sono anche i fumetti che parlano di cose serie come [inserire nome di tragedia o personaggio storico a caso]” 😉

http://www.ilariaalpi.it/

 

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