Storyboard, ibrido figlio di cinema e fumetto – Comicom intervista Marco Feo

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Il Festival del Cinema di Venezia si è appena concluso e a noi rimane una curiosità: se è Gipi a disegnare lo storyboard di L’ultimo terrestre, Marjane Satrapi avrà fatto lo stesso con quello del suo Pollo alle prugne? Come si comporteranno in questo senso gli autori di fumetti dietro alla macchina da presa?

Lo storyboard è la traduzione in immagini delle inquadrature di un film (sia esso dal vero o animato), e viene usato di supporto durante le riprese. In pratica è la visualizzazione della sceneggiatura prima di girare, con disegni che (di solito contenuti in vignette) rappresentano il punto di vista dei fotogrammi chiave. La sua produzione non è obbligatoria, ma è di grande aiuto per una pianificazione precedente al set, dove ogni secondo è prezioso.

Abbiamo fatto qualche domanda a questo proposito a Marco Feo, professionista del settore, autore del libro Storyboarding – Dalla parola all’animazione (Apogeo Edizioni) e creatore della rivista Lo Sciacallo Elettronico.

A cosa serve lo storyboard? Quali elementi del prodotto finito permette di controllare?

Si tratta di illustrazioni schizzate più o meno velocemente, che fissano i momenti significativi del filmato, con l’indicazione, accanto a ciascuna immagine, del relativo audio (suoni, rumori, musiche, dialoghi); dei movimenti di camera; degli eventi o dei punti d’interazione in un prodotto interattivo. È uno strumento tecnico e narrativo da sempre utilizzato nel cinema, molto utile al regista per avere un’idea visiva iniziale di ciò che dovrà riprendere. Molti registi come Fellini, ad esempio, realizzavano da soli i propri storyboard. Grazie a questo documento di lavorazione, registi, collaboratori e produttori, possono discutere, elaborare, affinare, fino ad arrivare alla versione definitiva della loro storia.
Lo storyboard può essere realizzato su carta in maniera tradizionale o direttamente a computer con la tavoletta grafica o con elementi simbolici e schematici come forme geometriche. Nell’animazione è un passaggio realizzativo fondamentale perché permette di impostare le inquadrature su cui lavoreranno i disegnatori. Ciò che conta è far capire il senso narrativo della sequenza, se l’inquadratura funziona, se la regia raggiunge il senso voluto.

Qual è lo storyboard perfetto? Ci sono storyboard artist che segui in particolare?

Ne potrei citare moltissimi. Sicuramente per gli aspiranti animatori che si stanno formando in questa tecnica professionale è utilissimo poter studiare gli storyboard realizzati per i lungometraggi animati Walt Disney; sono una vera miniera d’oro per chi si vuole avvicinare a questo lavoro. Fra gli autori italiani mi piace citare l’ottimo lavoro realizzato da Paolo Cubadda per lo Storyboard del film Vajont della Martinelli Film.

Vedi punti in comune tra storyboard e fumetto?

Sono due linguaggi diversi, anche se hanno molti punti in comune. Il fumetto è una forma di espressione che unisce le strutture narrative del testo e dell’immagine attraverso sintassi peculiari sviluppate negli anni su differenti testate e da differenti autori. È una magica miscela attraverso la quale un autore può raccontare, avvalendosi di tutto l’approfondimento di un testo scritto, unendovi l’atmosfera e la suggestione che solo un’immagine può creare.
Lo Storyboard invece è uno strumento attraverso il quale viene realizzato un racconto (film, animazione, spot pubblicitario, ecc…) che ha sue peculiari differenze linguistiche rispetto al fumetto. Il fumetto è il prodotto finito, lo Storyboard solo un passaggio realizzativo.
Nel fumetto si deve creare l’illusione narrativa del movimento, dell’azione, del dialogo. Si sta parlando con il lettore, gli si trasmette il contenuto della storia. Lo Storyboard deve far capire come si vuole realizzare un effetto narrativo. Ci si rivolge ad un tecnico (regista, operatore, animatore, ecc…) e non al pubblico finale.
In comune ci sono sicuramente la tecnica del disegno, l’espressività e recitazione dei personaggi, la sintesi grafica, la sucessione di vignette (o inquadrature), il taglio cinematografico, e molto altro.

Ci sono differenze tra uno storyboard realizzato per un film e uno per una pubblicità?

Certamente, i tempi narrativi. Ma la differenza non risiede tanto nello Storyboard in sé quanto nei diversi sistemi narrativi dei due prodotti, che hanno lunghezze e obiettivi completamente differenti. Gli Storyboard possono essere realizzati in maniera molto diversa fra loro anche per la stessa tipologia di prodotto.
Ho visto Storyboard estremamente complessi e dettagliati, oppure Storyboard semplificati in pochi schizzi. Lo Storyboard non sempre viene realizzato per tutto il film (richiederebbe un lavoro molto lungo e complesso). Di solito lo si utilizza per le sequenze più importanti oppure per quelle che richiedono un intervento dell’operatore particolare o di effetti digitali. In questi casi lo Story è uno strumento di lavoro indispensabile prima per pensare la scena, poi per raccordare fra loro tutti gli elementi tecnici al fine della sua resa finale.

Si è evoluta la professione dello storyboarder nell’epoca del digitale?

Moltissimo. È come se fosse nato in nuovo linguaggio. Prima di tutto si è potenziata e velocizzata moltissimo la fase operativa. Software, tavolette grafiche… tutti i meriti che la grafica digitale offre a chi lavora con le immagini si riversano nello studio dello storyboarder. Un lavoro spesso realizzato con tempi realizzativi molto stretti, dove poter partire da un disegno già fatto o utilizzare la combinazione di tasti Ctrl+Z, se si è commesso un errore, diventa una necessità fondamentale. Io lavoro ormai quasi sempre al computer, mi capita però a volte di ritornare al tavolo da disegno. Se commetto qualche sbaglio mi viene spontaneo cercare la tastiera per ricorrere al comando Annulla; purtroppo sul foglio di carta non esiste questa possibilità. Quest’esempio è una banalità, ma dimostra quanto sia fondamentale il computer nel lavoro professionale.
Ma l’evoluzione digitale non riguarda solo le modalità realizzative. Non è solo una questione di tempo o di qualità dell’immagine. Nel mio libro cerco di spiegare come, proprio il sistema comunicativo utilizzato in uno Storyboard sia divenuto, con l’avvento del digitale, un nuovo modo di comunicare.
Il cartone animato nasce come naturale evoluzione delle forme di espressione. Utilizza il movimento per raccontare la vita. Forse proprio per questa sua peculiarità, perché è vivace, fin dall’inizio viene utilizzato come forma d’intrattenimento, in particolare per i bambini.
Da prodotti per bambini i cartoons sono diventati oggi un completo strumento di comunicazione rivolto a tutti i target. Li vediamo nella pubblicità televisiva, su Internet, sulla telefonia mobile, recitano insieme ad attori in carne ed ossa, diventano documenti di denuncia sociale come Persepolis (2007) di Marjane Satrapi o Valzer con Bashir (2008) di Ari Folman.
Il computer e i software di animazione permettono di avere in un unico ambiente tutti gli strumenti creativi per realizzare un cartone animato completo di video, suono ed effetti speciali. I programmi di fotoritocco, grafica vettoriale, montaggio video e painting digitale permettono di miscelare fotografie, disegni, grafica e segno pittorico in un amalgama unico ed omogeneo. E di animare il tutto!
La sequenza narrativa dello Storyboard digitale segna un nuovo tipo di linguaggio: unisce alla staticità del fumetto, la multimedialità e l’interattività. Con i sistemi narrativi multimediali possiamo seguire percorsi di lettura orizzontali, verticali o tridimensionali. Possiamo scegliere cosa fare intervenendo personalmente nell’evoluzione della storia. Possiamo avviare componenti audio e video. Rispetto al fumetto questo tipo di messaggio diventa più ricco e coinvolgente. Rispetto al cinema mantiene la personalizzazione del tempo e del percorso. Nel cinema è il regista a scegliere il tempo di fruizione dell’opera, nel fumetto o in un normale testo scritto, il lettore può approfondire, andare veloce, saltare pagine o tornare indietro a controllare passaggi poco approfonditi. Il tempo di lettura è personale. Proprio questa peculiarità fondamentale viene mantenuta con i linguaggi multimediali e amplificata.

Cosa approfondisce il tuo libro Storyboarding uscito da poco per Apogeo?

Si parte da un’analisi storica e artistica dell’animazione, soffermandosi in particolare sull’evoluzione apportata al linguaggio dalle nuove tecnologie digitali. Si analizzano le figure professionali e i ruoli codificati in un processo di animazione. Ci si addentra quindi alle specifiche tecniche del disegno manuale e dell’utilizzo dei software grafici per l’elaborazione di animazioni. Come disegnare ed animare un personaggio, lo spazio, l’ambiente, l’interazione. Un capitolo è dedicato agli “effetti speciali” con una nutrita serie di tutorial per apprendere le tecniche basilari per creare effetti nei cartoons. Quindi si approfondiscono le componenti tecniche: formati di esportazione, audio e musica, montaggio video, animazioni bidimensionali e tridimensionali. Conlcude il tutto una sitografia per trovare materiale e spunti interessanti per i lavori del lettore.

 

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